martedì 19 marzo 2019

PASOLINI E IL '68.

PASOLINI E IL '68. 
UN PENSIERINO DI FRONTE ALL' ENNESIMO COMMENTATORE. 

Chi poco conosce ma ha molta volontá di distanziarsi dalla sinistra, se é piú o meno un intellettuale, cita il Pasolini dei noti versi su Valle Giulia. Ma Pasolini vivente difficilmente si sarebbe lasciato usare per colpire il '68. Lui che ha compiuto in quegli anni, e nei seguenti, atti inequivoci di solidarietá senza appartenenza verso quel movimento, le generazioni, le classi di etá, che lo vissero e quelle che ne furono immediate discendenti.
Inutile qui sperare di chiarire.
Pasolini era cosciente sia della sua anima borghese sia delle sue visioni. Quelle che resuscitavano ció che nell'antico e persino nella tradizione poteva rivoltarsi allo scempio dell'industrialismo sfruttatore. Affermava il suo riflettere, lo argomentava, lo trasfondeva in ogni mezzo moderno, dal rotocalco al cinema alla televisione. Ne conosceva tuttavia il perimetro, la stessa negazione. Parlava anche a lui, e anche di lui era parte, la voce del corvo di "Uccellacci ed uccellini", che inquadra il mondo e le piccole cose che accadono a Totò e Ninetto con le definizioni della lotta di classe e della dialettica della storia, Una coscienza, la sua, che utilizzava le categorie narxiane con piú destrezza di tanti professionisti della filosofia e di altri, allora numerosi, professionisti delle rivoluzioni altrui. Una coscienza del proprio io che lo armava della sua ribadita sinceritá, che annullava il banale del suo irrazionalismo, che lo rendeva ante litteram distante da ogni riflusso.